Viaggio in Arabia Saudita: Jeddah, mare e immersioni
24 Ott
Dopo la prima tappa a Riyadh, il mio viaggio in Arabia Saudita prosegue volando verso la più piccola Jeddah, città sul mar Rosso anch’essa moderna e cosmopolita: vengono a lavorare qui da tutto il mondo. E’ anche meta di passaggio per eccellenza per i pellegrini musulmani che, almeno una volta nella vita, devono andare alla vicina Mecca, città santa. E infatti sono tantissimi i fedeli con la veste tradizionale, uguale per tutti, che vedo all’aeroporto.
Qui ci sono due file separate ai controlli con il metal detector: quella per gli uomini e quella per le donne. Si vedono alcune signore senza abaya.
Arrivata a Jeddah mi colpiscono il caldo e l’umidità: circa 37 gradi. Riyadh era più secca e vivibile.
Però qui c’è il mare, e che mare. Alcune spiagge “per occidentali”, in cui si possono indossare pantaloncini e costume, sono un gioiello. A Silver Sand le palme, i lettini e l’atmosfera rilassata ti fanno sentire quasi ai Caraibi; La Plage invece ha un bel ristorante sushi, scivoli d’acqua per i bambini e un pontile che arriva alla barriera corallina, meravigliosa per fare sub o solo snorkeling, come me. Ci sono anche delle stanze da affittare. L’ingresso alla spiaggia è di circa 36 euro. Il beach club Indigo, mi hanno raccontato due italiani che vivono qui da 18 anni, è il più esclusivo, e più caro.
Alcuni centri come il Desert See Divers organizzano gite in barca per le immersioni. In generale mi sembra che i servizi per i turisti ci siano, ma che le strutture possano migliorare molto e la promozione scarseggi.
I ristoranti, invece, mi hanno pienamente soddisfatta (ti pareva), così come uno dei tanti mall della città, il Red Sea, che ovviamente abbassa le saracinesche senza esitazione al momento della preghiera. Affacciata sul mare c’è una zona di locali e ristoranti in stile Las Vegas ma più pacchiana, il Bellajo. Da una parte c’è il bar dove si fuma la sheesha (una specie di narghilè) e dall’altra si mangia cibo arabico-libanese. La foto del re e del principe ereditario è ovunque, una specie di tormentone.
Promuovo l’abitudine dei ristoratori di impacchettare il cibo avanzato dai clienti, che così possono portarlo a casa.
Leggi anche: Jeddah, guida ai migliori ristoranti
E’ una pratica caldamente incoraggiata, anzi sei quasi maleducato se non accetti. In Italia è il contrario. Altre due delizie locali: 1) Alla cassa del supermercato c’è sempre qualcuno (di solito indiano o pachistano) che imbusta la spesa e te la porta anche in auto. 2) Il menù dei ristoranti, per obbligo, riportano le calorie di ogni portata.
Dalla Corniche, il lungomare di Jeddah in cui puoi immergerti in una esperienza socio-antropologica multicolore, si ammira la fontana più alta del mondo, che insieme alla bandiera più alta del mondo costituisce un vanto locale.
La mia passione per il cibo esotico ha toccato due momenti di apice: al ristorante il giapponese Sakura (ristorante dell’Hotel Crowne Plaza) e al libanese Yonine, anche grazie al dolce tiepido con gelato indimenticabile. La Montenapoleone di Jeddah è Tahlia Street. Il Peck locale, invece, si chiama Chopped.
Ho visitato, grazie a un’amica che ci lavora, la scuola italiana della città, l’unica dell’Arabia Saudita e del Medio-Oriente. Qui i bambini fino alle medie studiano italiano, arabo e inglese, ed erano molto felici quando lo scorso gennaio i giocatori della Juve, venuti per la Super Coppa, sono venuti a trovarli con i media al seguito.
Divertente vedere appesa alle pareti della piccola e deliziosa struttura la foto del nostro presidente Mattarella sotto quella del Re Salman.
Devo dire che per le strade di Riyadh e Jeddah non ho mai avvertito quella sensazione di pericolo che magari può provare all’estero una donna in un luogo che non conosce. Eviterei ancora, però, la zona antica di Ballad, che vorrebbe forse essere un souk di richiamo turistico, ma non è affatto pronta. La eviterei. Le pene per i furti sono altissime, va detto, quindi pericolo di borseggiatori non ce n’è.
La Petra dell’Arabia Saudita e altre meraviglie
Da qualche tempo le donne hanno il permesso di guidare da sole e – ultima novità – di lasciare il Paese senza il permesso dello “sponsor”, ossia di un maschio di famiglia. L’Arabia Saudita ha aperto al turismo perché ha capito che dal petrolio, nei prossimi anni, non arriveranno più gli introiti di una volta. Il bellissimo video promozionale del ministero dell’ente del turismo, addirittura, paragona il mare saudita alle Maldive, le montagne a quelle Rocciose americane e le rovine di Madein Saleh a Petra in Giordania (risalenti entrambe alla stessa civiltà). Pare sia in arrivo una quantità esorbitante di cinesi.
Nei prossimi cinque anni, giura chi conosce bene il KSA e ci vive da tempo, cambierà totalmente volto diventando una meta di tendenza. Il permesso di vendere bevande alcoliche, come è accaduto in altri Paesi islamici come gli Emirati e l’Oman, ovviamente solo in pochissimi hotel e ristoranti, forse potrebbe accelerare il turismo in uno dei luoghi più misteriosi e controversi del mondo. Almeno fino ad ora.
No comments yet