Intervista a Mogol: “Quanti incompetenti nei talent: salvo solo Fedez”

2 Nov

La mia intervista oggi su Libero a Giulio Rapetti, in arte Mogol.

Mogol lavora con le parole, ma servono pochissime parole per raccontare cosa ha fatto e perché è tanto importante per la musica e la cultura italiana. Canzoni come Mi ritorni in mente, Non è Francesca, Acqua azzurra acqua chiara, Fiori rosa fiori di pesco, Emozioni (per Lucio Battisti), Riderà, L’ Immensità, Se stiamo insieme, L’ emozione non ha voce, Una lacrima sul viso: le ha scritte tutte lui. E tante altre.

Con Battisti funzionava così: «Lucio mi proponeva le basi musicali, io scrivevo i testi. Davanti a lui, oppure li dicevo al registratore mentre ero in auto, in giro. Gli davo il testo poi lui lo ricopiava in bella: era un precisino». Non ha mai smesso di scrivere canzoni, Mogol (al secolo Giulio Rapetti, ndr), che oggi ha 79 anni, attività che alterna a quella del Centro Europeo Tuscolano (Cet), la sua scuola internazionale per autori, musicisti e cantanti. Le canzoni gli sgorgano dalla mente nei momenti più impensabili: «Emozioni l’ ho scritta per metà guidando sulla strada per Genova, a bordo della mia Fiat giardinetta 500 con a bordo i miei figli e mia moglie; E penso a te l’ ho scritta nel 19 minuti di autostrada tra Milano e Como».

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L’ ultima canzone che ha scritto dov’ è nata?

«È un brano per Eros Ramazzotti. Si chiama Sbandando e per fortuna non l’ ho scritta in auto, ma a casa. Le altre non è che mi ricordo sempre. Sa, faccio una vita terrificante, sempre in auto, in giro per scuole o conferenze per il mio Cet, sono stato adesso in Kazakistan e al Teatro Del Cremlino: l’ 11 dicembre debutta a Mosca l’ opera su Giovanni Verga che ho scritto con Gianni Brera. E ho un altro progetto».

Quale?

«Lo sto portando avanti con il ministero dell’ Istruzione, con Giampaolo D’ Andrea, capo di Gabinetto di Franceschini. Voglio fare nascere i reparti pop nei conservatori italiani, per formare gli insegnanti. I primi sei conservatori con cui ho parlato sono entusiasti, io mi immaginavo una certa resistenza. Sono molto interessati».

Perché la musica pop è così importante? «Glielo spiego subito. Un libro lo leggi una volta e spesso lo dimentichi. Le canzoni che ti restano in testa le impari a memoria, le canti. E il seguito è di milioni, miliardi di persone. Quando sento canzoni come Non sarà un’ avventura, La canzone del sole, o L’ emozione non ha voce, che è arrivata sicuramente a 30 milioni di persone, e vedo la gente che muove le bocche tutte insieme, che le canta a memoria, capisco. Se il livello del pop è alto, il livello delle persone è alto».

E oggi il livello del pop com’ è?

«Basso».

Perché?

«Di artisti veri ce ne sono uno o due. Jovanotti è il primo che mi viene in mente, e ha 50 anni. Decenni fa ce n’ erano almeno 15-20. Il problema è la promozione: chi fa promozione è anche produttore e chiaramente sceglie i suoi».

Inevitabile chiederle dei talent show. Sono tanti. Le piacciono?

«Come spettacoli non ho niente da dire, possono piacere molto. Ma mi sembra strana una cosa: al Cet sono stati formati 2.500 artisti, come mai non è mai venuto da noi nessuno dei capi dei talent?».

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Come mai?

«Perché chi fa questi programmi sceglie sulla base della propria competenza. Ed è raro che questa competenza ci sia, me lo lasci dire. Addirittura tra i giudici ci sono attrici televisive». A «X Factor i giudici sono quattro cantanti. «Non tutti i cantanti sono competenti. Dalla seconda metà del Novecento il pop è cultura. E serve una profonda conoscenza di questo mondo. Lucio Battisti non era un uomo ma una enciclopedia vivente. Conosceva tutti i dischi, tutti gli strumenti. Ascoltava otto ore di musica al giorno, così uno assorbe e può applicare le sue conoscenze». Lei stesso, però, ha fatto il giudice a «Io canto». «Ma quello era un talent per bambini. Non gente che condiziona la musica pop. Le dico una cosa, con il meccanismo di oggi io e Lucio Battisti non avremmo sfondato».

Scherza?

«No…per il discorso della promozione di cui sopra».

Oggi, secondo lei, chi scrive belle canzoni?

«Giuseppe Anastasi, che ha scritto quasi tutti i brani di Arisa. E Jovanotti, che per due anni ha vinto il premio Mogol. Un evento che la Rai ha deciso di non mandare più in onda. Lei sa perché?».

Io no.

«Ecco, nemmeno io».

I rapper le piacciono?

«Tra il rap e il rock preferisco il secondo. Ma sono aperto anche al rap: lo trovo più accettabile se accompagnato da una melodia. Fedez è il migliore, l’ ho conosciuto, è intelligente, con lui ho avuto un incontro felice». Ci dica i tre momenti più importanti della sua carriera. «Uno: il primo Sanremo che vinsi inaspettatamente nel 1961 con Al di là, cantata da Luciano Tajoli e Betty Curtis. Tajoli, che era già piuttosto anziano, venne a trovarci e, dopo aver sentito la canzone che io e il Maestro Carlo Donida avevamo scritto, ci disse: “Avete scritto la canzone che vincerà il Festival, se non vince è solo colpa mia”. Mi vengono i brividi a pensarci. Avevo 23 anni».

Il secondo?

«L’ incontro con Lucio Battisti. Mi era stato raccomandato da un’ amica francese. Lo vidi, mi portò testi e musiche. “Guarda, non è nulla di eccezionale”, gli dissi. Ci rimase molto male. Allora gli chiesi di venirmi a trovare che avremmo fatto qualcosa, ci avremmo lavorato su. All’ inizio era solo autore. Lo convinsi io a cantare i brani che scriveva. La Rai e la Ricordi non lo volevano. Non lo voleva nessuno. Dissi alla Ricordi: se non lo prendete do le dimissioni. Nemmeno la radio lo passava: secondo loro, non aveva la voce, erano ancora abituati con le romanze. Alla fine il nostro sodalizio è durato dal 1965 al 1980».

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Battisti senza Mogol avrebbe avuto lo stesso successo? E Mogol senza Battisti? Chi doveva più all’ altro?

«Battisti senza di me è stato dieci anni, ha fatto sei dischi con un altro autore. Eviterei questi paralleli. Era davvero una persona molto colta. Di certo insieme abbiamo creato una magia, una poesia, canzoni immortali. Tra noi non ci fu una vera rottura, non per i diritti d’ autore come tutti dicono. Nessuna ragione particolare, solo un allontanamento».

Ci dica una cosa di Battisti che nessuno sa.

. «Mi risulta difficile, ma dirò questo aneddoto: forse non tutti sanno che è stato corteggiato dai produttori dei Beatles attraverso Paul McCartney, che aveva tutti i dischi di Lucio. Bene, avrebbero investito milioni di dollari su di lui per lanciarlo nel mercato americano. La cosa incredibile è che lui rinunciò perché gli sembrava eccessivo che i produttori si tenessero il 25%».

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A quale canzone del duo Battisti-Mogol è più legato?

«Non posso rispondere. Non ce n’ è una. La canzone del sole, Il mio canto libero, I Giardini di marzo, Emozioni: come faccio a scegliere? Le posso dire che sono tutte autobiografiche. La canzone del sole parla del mio primo amore, di quando avevo cinque anni. La ragazza delle “bionde trecce gli occhi azzurri e poi” non la vidi più, l’ ho sentita per telefono un paio di anni fa; in Pensieri e parole vomito la mia vita, il mio dolore. L’ emozione non ha voce, che ho scritto per Celentano, ha fatto il record di vendite mondiali».

Celentano e Mina torneranno a cantare insieme in un nuovo album di duetti. Scriverà per loro?

«Una canzone l’ avrei. L’ ho scritta con Gianni Bella, gliela proporrò».

Manca il terzo momento più importante della sua vita.

«Sì, due anni fa, quando ho pubblicato Ciliegie e amarene, il mio libro di aforismi. Ho pronto un altro volume, si chiamerà Le arance e i limoni. Lo faccio uscire appena ho un po’ di tempo, come le ho detto ho una vita infernale».

I suoi aforismi li scrive anche su Twitter: sono uno spasso. Ma è davvero lei?

«Sì, sono io. Sono contento che apprezzi. Sono momenti di vita vissuta, riflessioni, battute. Ho notato però che il sense of humor non è di noi italiani, lo vedo dal numero di interazioni».

Ce ne dica qualcuno.

«L’ altro giorno ero in ospedale e ho partorito questo: “Al reparto gerontologico, malattie acute, al Gemelli di Roma, non c’ è niente che ricordi un aeroporto eppure da qui decollano le anime”. Ero nella stanza con quattro moribondi. Oppure: “A mio nipote Tancredi, 4 anni: “Come fai col ciuccio a dare i baci alla fidanzata?”. Risposta: “Non me ne frega niente”».

Ne ha scritto uno su Berlusconi che non ho capito.

«”Tre grandi: Sordi, Tognazzi e Berlusconi”. Questo tweet non ha avuto successo, però nessuno può negare che Berlusconi sia un uomo divertente, un grande umorista».

Le femministe la lapidarono perché in Emozioni c’era la frase “capire tu non puoi”. Oggi le risarcisce su Twitter.

«Sì, ho scritto: “Alle donne è affidato il 99 per cento del compito della procrezione. Èevidente che siano più affidabili”.

Concludiamo questa intervista con un aforisma, quello che vuole lei.

«L’ età non avanza più. Adesso rotola».

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