Intervista a Pupo: Putin, il tentato suicidio e il nuovo disco (verso Sanremo)
7 Dic
La mia intervista a Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, su Libero.
Tre figli, di cui uno nato da una relazione extraconiugale con una fan; due donne (la moglie, Anna, e la compagna ufficiale, Patricia), 60 anni. Un metro e 65 di altezza, ma sulla carta d’ identità si aggiunge un centimetro, statura che quando indossa le Hogan gommate sale fino a un eroico 1.70.
Esplode nel 1979. È passato da mezzo milione di dischi all’ anno a zero, una crisi nera fatta di gioco d’ azzardo, «5 o 6 miliardi di vecchie lire persi», ipoteche sulla casa, investimenti sbagliati; la rinascita, con la televisione, arriva a metà degli anni 2000. E un soprannome, uno solo, buffo, immutabile, che gli aveva dato il suo primo discografico: Pupo, «perché dimostri quindici anni».
Enzo Ghinazzi si racconta a Libero, a cui svela in anteprima il suo grande ritorno alle origini: un disco tutto nuovo, con canzoni inedite. La musica, chiuso per sempre il demone del gioco d’ azzardo, oggi è la sua unica droga.
Da dove cominciamo?
«Non facevo un disco di inediti da decenni. Negli ultimi anni ho fatto due operazioni mediatiche, la canzone del 2009 con Yossou N’ Dour e quella con Emanuele Filiberto e Luca Canonici, Italia amore mio, che nel 2010 ha rischiato di vincere Sanremo. In entrambi i casi non feci nemmeno il disco. Mi sono concentrato nel lavoro in tv, ho sempre pensato che grandi melodie come Gelato al cioccolato, Su di noi, e quella che ho scritto per i Ricchi e Poveri, Sarà perché ti amo, non andassero “umiliate” con un nuovo disco. Fare cose nuove, contrariamente a quello che pensano tanti miei colleghi, non è un obbligo».
Cosa l’ ha convinta, allora?
«Mi è tornata l’ ispirazione, certo la sfida non è facile, ma lancio il nuovo manifesto di Enzo Ghinazzi detto Pupo. Un Pupo 2.0. Contiene melodie fantastiche, è un disco che non danneggerà il mio passato perché è genuino, onesto. Ci sono due canzoni che canto con Il Cile, che piace tanto ai giovani, le ha scritte Fabrizio Vanni. Il disco si chiamerà Porno contro amore».
E cosa significa? «Ci ho pensato tanto, il titolo è preciso, l’ho pensato dopo i fatti di Parigi. La mia compagna, Patricia, è francese, ho vissuto la tragedia in prima persona, sua sorella abita vicino a uno degli attentati. Per porno intendo la pornografia degli eccessi. L’ eccesso contro l’ equilibrio, il male contro il bene. Quasi sempre trionfa il bene. Oggi la pornografia è devastante, i giovani passano le notti a masturbarsi, questo toglie la possibilità di innamorarsi. La pornografia è anche la tv del dolore dei talk show vergognosi, il gratta e vinci sotto casa. La canzone che porta questo titolo parla di un uomo disperato che non riesce a innamorarsi».
È autobiografica?
«Fatico a non scrivere canzoni autobiografiche. Da 26 anni sto con due donne. Una delle canzoni dell’ album, Per voi due, è l’ unica canzone dedicata a due donne, le due donne che amo. Lo sanno tutti, qualcuno pensa sia patetico, ma io credo che l’ amore sia divisibile. Penso che purtroppo questa sia la mia condizione definitiva».
Perché purtroppo? Mica è obbligato.
«Dico purtroppo perché potrei sembrare rassegnato. Tanti miei coetanei sfornano figli a sessant’ anni, ma io sono già nonno. Non me la sentirei di mettermi con una ragazzina, non mi interessa, forse è una sconfitta, non so».
Oppure una delle sue due donne potrebbe mollarla, chi lo sa.
«Ci vorrebbe una motivazione forte, ne dubito. Ormai abbiamo raggiunto la stabilità e l’ equilibrio. Da anni siamo in tre. L’unica cosa che manca è il sesso a tre». (Ride).
Porterà uno dei nuovi brani a Sanremo?
«Con Carlo Conti non ho una amicizia ma una fratellanza. Ero anche al suo matrimonio. Le dico la verità, ufficiosamente gli ho fatto sentire qualcosa del disco, lui mi ha detto: “Candidati”. Ecco, detto così non mi stimola molto. Non mi va di propormi senza la matematica certezza di partecipare.
Ho un orgoglio, una arroganza e una autostima tale che non mi “raccomanderei” mai. Penso che debba essere Sanremo a cercarmi».
Anche perché lei, almeno mediaticamente, a Sanremo ha dato tanto.
«Io Sanremo lo farei come conduttore e direttore artistico. Se Carlo dovesse mollare…Sanremo va indirizzato verso un repertorio internazionale, verso la canzone italiana melodica che tira nel mondo. Con Fabio Fazio è stato un disastro. Carlo ha fatto bene con il Volo, è più popolare».
Lei va forte, dalla Russia alla Mongolia.
«Mi sono appena esibito al Palaghiaccio di San Pietroburgo davanti a 30 mila persone.
Tanti giovani in delirio. Ad aprile parto per un tour internazionale. Da Toronto all’ Australia, dalla Russia all’ Italia».
Ci dica, in Russia è più famoso lei, Albano o Toto Cutugno?
«Le faccio la classifica: Albano, Toto, io e i Ricchi e Poveri a pari merito. Non è una classifica di fama, ma di cachet. Parliamo di decine di milioni di euro, non mi faccia essere più preciso. Il pubblico russo è competente, colto. Solo in Italia si pensa siano deficienti, invece le posso assicurare che quelli indietro siamo noi. In Azerbaijan persino i semafori sono più tecnologici dei nostri».
Deluso dall’ Italia?
«Amo il mio Paese. Non posso non vedere però, girando il mondo da 40 anni, come le cose siano cambiate. Siamo indietro come le martiniche da carro. Alla fine degli anni Settanta andavo in Russia che viveva una depressione. Oggi mi devo raccomandare a Mosca per campare perché in Italia oggi viviamo la loro depressione. Ha ragione Renzi, l’ Italia deve trovare l’ orgoglio».
Lei è fan di Putin.
«Lo adoro. Oggi è più facile ammirarlo, io l’ ho sempre fatto. Ho appena finito di leggere Vita di uno Zar, la sua biografia scritta da Gennaro Sangiuliano. Sono uno studioso della storia russa. È un grande leader, mi piace la sua autorità anche se può fare paura. Non condivido la sua posizione sui gay, ma credo che nemmeno lui la condivida».
Le manca la tv?
«No. Ho rifiutato alcune proposte, come fare la giuria di Ti lascio una canzone. Penso che questo filone di bambini in tv abbia segnato il passo. L’ ex direttore di Raiuno Mauro Mazza fece una cosa sporca a togliermi dopo tre anni Reazione a catena per darlo a Pino Insegno. Il direttore attuale della Rai Campo dall’ Orto non lo conosco».
Lei è stato sedotto da Agon Channel.
«Professionalmente è stata un’ esperienza divertente, peccato che non mi abbiano staccato l’ ultimo assegno da 100mila euro».
Enzo, qual è stato il momento più brutto della sua vita?
«La mia crisi iniziò nel 1983 e durò sei anni. Anni sfigati.
Nel gennaio del 1989 tentai il suicidio. Tornavo con la mia Jaguar dal casinò di Venezia in cui si consumò un disastro economico. La Jaguar ce l’ ha chi ha tanti soldi o tanti debiti, non chi è “normale”. Mi fermai sul viadotto tra l’ Emilia Romagna e la Toscana. Era la notte tra sabato e domenica. Volevo buttarmi di sotto. Poi il colpo d’ aria scatenato da un Tir che passava mi ha svegliato dal torpore. Penso che il mio angelo custode fosse quel camionista».
E poi?
«Ho smesso con il gioco. Partecipo a convegni in cui sparo a zero contro l’ azzardo. Ho ricomprato tutto con il lavoro.Sono tornato a fare tutto e meglio. Non credo in Dio, anche se ci spero, penso che le persone care che ho avuto e che non ci sono più mi proteggano. Oggi non gioco più perché non avrei più il tempo per rifarmi e andrei a distruggere la mia famiglia. Soffro però. Ho imparato a soffrire e ad aspettare, che è una cosa che distrugge la mente. Trasformo la mia sofferenza nella gioia di farcela. Le emozioni me le danno il lavoro e le nuove sfide professionali, come questo nuovo disco».
È quasi mistico.
«Cerco filosoficamente il senso della vita ma non l’ ho ancora trovato. Mi sento vicino al buddismo».
Il soprannome Pupo, a 60 anni, le sta un po’ stretto?
«Stretto?».
Nel 1992 si è presentato a Sanremo con il nome Enzo Ghinazzi.
«Il mio amico e allora manager Gianni Morandi ebbe questa idea. Andai a Sanremo con La mia preghiera, fui subito eliminato. Pippo Baudo in prima fila legge Enzo Ghinazzi e dice “E chi ca… è?”. Quella di cambiarmi il nome era una sega mentale di un uomo che non era in equilibrio».
Un momento di inquietudine.
«Diciamo così. Mogol mi chiamò allarmato: “Ma sei sano di mente? Tu sei Pupo!”, mi disse. Io sono Pupo, sto bene così».
Alessandra Menzani
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