La prof. e l’allievo prediletto: un articolo magistrale
21 Feb
Come sapete, Tremenza non si occupa di cronaca nera. Ma voglio comunque condividere questo pezzo sulla storia della prof.uccisa dall’allievo prediletto Gabriele Defilippi. Un pezzo di una cattiveria unica ma anche di una ironia spietata e magistrale. Se non aveste visto il volto della prof, con questo pezzo l’avreste immaginata alla perfezione. Il ritratto è letale. Un articolo da leggere. Capolavoro.
Pierangelo Sapegno su La Stampa.
Eppure, l’allievo e la professoressa avevano una cosa in comune, questo paese seduto sotto a una collina nella piana di campi tagliati da una sola strada diritta e polverosa, con le sue villette degli Anni Sessanta e i giardini curati come puffi, questo paese da dove lui voleva scappare e lei era destinata a viverci, nell’umile e ordinato perimetro della sua semplicità, con i vecchi vestiti ripiegati nel cellophane dentro i cassetti dell’armadio, i centrini sulla tavola per mangiare, il comodino con la sveglia e la tappezzeria di fiori e dolci arabeschi della camera da letto. La morte dev’essere arrivata alla fine come una folgorazione, strangolata e buttata in un fosso dal ragazzo che lei aveva aiutato in tutti i modi, come la scoperta di una realtà così lontana dalle sue abitudini familiari, con le domeniche passate sul divano di finta pelle a guardare le partite della Juventus assieme al papà Ettore, mentre la mamma spolverava in cucina lavando le tazzine di caffè. Gloria Rosboch, l’insegnante che aveva regalato all’allievo prediletto tutti i risparmi dei suoi genitori, 187 mila euro, lasciando sul conto appena le spese, 1548,86, era questo che rivoleva indietro quando si è accorta di essere stata truffata nell’illusione di una vita troppo distante dalla sua esistenza: rivoleva la mesta tranquillità delle sue abitudini, in questa casa di porcellana dove la polvere non si posa mai, i dolci silenzi delle serate senza niente da fare davanti alla tv, questi giorni senza ambizioni alla finestra di un paese, dove, come raccontano al Bar Bistrot, «ci conosciamo tutti senza conoscerci».
Gloria sembra davvero uno di quei personaggi di Simenon che incrociano la realtà quando non possono più fermarla, perché sono troppo deboli – o troppo buoni, come lei – per capirla. Il suo avvocato, Stefano Caniglia, racconta che quando andò da lui a trovarlo per fare la denuncia di truffa «aveva questa camicetta con lo sbuffo che usavamo noi quando eravamo piccoli e mi fece l’impressione di essere una donna d’altri tempi. Io era da una vita che non vedevo più abiti come i suoi». Era una donna così mite, così indifesa di fronte agli orchi che la stavano aspettando, che disse subito che lei non voleva mandare in carcere nessuno, «mi dispiacerebbe troppo. Vorrei solo riavere indietro i soldi». Viveva in una sua bolla, sospira Caniglia, così contenta di quel che aveva, che riesce difficile capire come mai volesse seguire il suo allievo ad Antibes, lontano da questo paese, da questa casa di porcellana, dove la notte di Capodanno festeggiava sempre solo assieme ai genitori, come racconta papà Ettore, «andando subito a letto a mezzanotte».
Lui, Gabriele Defilippi, il suo allievo scriveva: «maledetto il giorno in cui sono nato umano». Lei era appagata di quel poco che aveva. Gabriele apriva innumerevoli profili web dove diceva di sé che era «un essere fuori schema, fuori ruolo, fuori controllo, fuori da tutto». Se lei guardava le partite con papà, lui urla che non le ha mai viste: «Mi interesso di cosmesi, estetica, musica, fotografia». Lui ha paura di invecchiare: «Mi sento vecchio se bado al mio viso sperso in questo sfondo di tremila palazzi». Lei è già vecchia, con la testa, ma le va bene così. Non chiede altro.
Suo papà ricorda che «quando aveva 20 anni una volta le ho detto, sa, vestiti che ti porto a ballare. Lei s’è messa a ridere. Ma lascia perdere, dove vuoi andare?». Gabriele legge Nicholas Sparks, mentre Gloria tiene sul comodino la biografia di Del Piero. Alla mite professoressa di francese non interessano i soldi. Ha paura di spenderli, perché servono per la vecchiaia dei suoi genitori e forse anche di lei. Gabriele continua a ripetere che deve «trovare un modo per fare un po’ di soldini e scappare da questo paese che mi sta stretto. Non c’è un cazzo di niente qua per me». Lui sogna l’America, scrive anche un libro, American dream, «perché io ho l’America dentro». Per lei, invece, questa casa «è veramente tutto il suo mondo», come dice l’avvocato. Per trovarla i suoi assassini hanno dovuto andare alla scuola. Lei si era fatta bella perché aveva già deciso di perdonare chi le aveva portato via i soldi. Muoiono così le colombe. Non capiscono la cattiveria del mondo.
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