Al Bano, il 18esimo Sanremo: “Io, Romina, Putin e i due infarti”
30 Gen
Esattamente un anno fa, intervistato da Libero, Albano Carrisi in arte Al Bano prometteva: «Mi sono posto una regola: faccio Sanremo ogni due anni, né più né meno». Parola mantenuta: dopo due anni dalla trionfale réunion con Romina Power che fece il 64 per cento di share su Raiuno (due italiani su tre, in pratica, sognavano davanti alla ex coppia più amata della canzone italiana), il Leone di Cellino San Marco torna all’ Ariston. Stavolta in gara.
Quello che inizia il prossimo 7 febbraio è il Sanremo numero diciotto per Al Bano, 73 anni, e lui lo affronta con il sorriso nonostante il doppio infarto che l’ ha colpito a dicembre. «Mi chiami tra mezz’ ora», ci dice rispondendo al telefono, «ora sono a provare gli abiti per l’Ariston».
Come le stanno? Sarà un figurino dopo la dieta ferrea post infarto.
«Non sono male, in effetti. Sì, ho perso quasi sei chili. Ho cambiato la modalità di alimentazione, seguo alla lettera i diktat del medico. Via salumi e i dolci, ma resisto».
E i suoi mitici vini li può bere?
«Ovvio. Un bicchiere di vino al giorno (con un panino) lo devo bere. Il migliore? È come chiedere a un padre qual è il figlio preferito. Il Platone rosso, ma anche il Taras, la parola che indicava l’ antica città di Taranto».
Come farà a sostenere lo stress sanremese dopo l’ attacco cardiaco di dicembre?
«Facciamo fare questo bagno d’ adrenalina al mio povero cuore. Ora sta bene, è abituato alle emozioni forti».
Ha avuto paura?
«Più che altro stupore. Mi immaginavo tutto tranne che avere un infarto. Che poi sono stati due: una botta dietro l’ altra, la seconda più violenta della prima. Meno male che nei paraggi avevo un ospedale. Pensavo che il mio fosse un dolore intercostale, invece mi hanno operato».
Come il premier Gentiloni.
«Esattamente. Solo che lui ha uno stent solo al cuore, io due. Ho vinto due a uno contro il premier. Devo fare lunghe camminate, tra due mesi mi sottopongo alle cosiddette prove da sforzo».
E tra pochissimo inizia Sanremo. Porta la canzone Di rose e di spine, sull’ amore eterno. Ma esiste?
«Sì, è il più bel motore della vita. Ho assistito all’ unione tra mia madre e mio padre durata tutta la vita. Il giorno in cui mio padre è andato al cielo, a 92 anni, ho visto la reazione di mia madre, mi ha toccato, ho capito che botta d’ amore hanno avuto la fortuna di vivere.
A volte succede».
Lei e Romina Power, due anni fa, di nuovo insieme, avete fatto ben sperare.
«Abbiamo toccato il 64 per cento di share. Oggi abbiamo un rapporto molto civile grazie a Dio, una cosa che fa bene al pubblico e fa bene a noi. La nostra è stata una grande storia, abbiamo avuto quattro figli, abbiamo fatto una bella carriera insieme».
E Loredana Lecciso come sta?
«Loredana sta bene e i figli crescono. Ma parliamo di canzoni.
Sto per pubblicare il mio album doppio Di Rose e di spine, con le mie partecipazioni a Sanremo e brani nuovi. Esce il 10 febbraio».
Con che spirito affronta il suo diciottesimo Festival?
«Con lo spirito di sempre. Mi piace come manifestazione, per me è sempre stata un faro. Da ragazzino guardavo in tv i grandi exploit di Domenico Modugno. Anche io, pensai un giorno sarò là. Amo la gara e i brividi».
Cosa pensa della coppia Carlo Conti e Maria De Filippi alla conduzione?
«Una bella accoppiata, i poli opposti che si mettono insieme. Sanremo unisce, non divide».
La sua edizione preferita?
«La prima volta da professionista, nel 1968, con La siepe».
La più amara?
«Quella in cui tutti pensavano che avrei vinto invece non è stato così. Arrivavo dai successi di Nel Sole, Oro del mondo, gareggiavo con Armstrong, Modugno, Celentano. Alla fine vinse Sergio Endrigo. Ci rimasi così male che accettai di viaggiare all’ estero e lasciare l’ Italia. Sanremo apre le porte del mondo».
Ha cantato per i potenti del pianeta.
«Putin l’ ho conosciuto nell’ 86; nel 2005 ho cantato per lui ed Eltsin. Lo trovo un leader interessante, capace di tenere a bada un popolo come i russi. Ha dato un bell’ impulso, nell’ èra di Gorbaciov si è toccato il fondo».
Oggi come lo giudica?
«Lascio parlare di politica i politici. Ma se i russi se lo sono tenuti significa che si fidano».
Cosa pensa di Ornella Muti cittadina russa?
«Lo scopro adesso che me lo dice lei. Lei è amica di Putin, sua madre è russa, ci sta».
Per Trump canterebbe o rifiuterebbe, come Bocelli e il Volo?
«Se mi invitasse a cantare alla Casa Bianca e fossi libero ci andrei, è pur sempre un capo dello Stato, con una platea importante.
Gli canterei O sole mio! Quanto ai miei colleghi, esiste la democrazia e ognuno sceglie, certo non so come si faccia a giudicare ancora prima che Trump abbia iniziato a lavorare. Il tempo di diventare il nuovo Hitler non lo avrebbe neppure, in questo la penso come Papa Francesco».
Tornerà ad esibirsi all’ estero?
«Sì, in aprile tornerò con Romina in Russia».
Al Bano, quando ha capito che sarebbe diventato un cantante?
«Lavorando la terra, usando la zappa. Grazie al mio lavoro di contadino, quello che facevo da piccolo. Il lavoro della mia famiglia.
Era così duro che pensavo: mamma mia, devo trovare un’ altra strada».
Ci racconti.
«Avevo circa quindici anni, lavoravamo nei campi e mio padre mi disse: “Quest’ anno abbiamo fatto solo 800mila lire”. Ci dovevamo campare in quattro, anzi cinque: padre, madre, due fratelli e il mulo, che pure lui lavorava. La mia voce era potentissima sin da quando avevo cinque-sei anni».
Lei ha fatto tutto nella vita, programmi tv, Isola dei famosi, musicarelli, ma le manca una cosa. Essere nonno.
«È vero. Cristel, mia figlia che si è appena sposata, mi ha ha detto che per due anni lei e il marito vogliono stare liberi, quindi mi tocca aspettare».
Il matrimonio di Cristel in Puglia è stato l’ evento dell’ anno.
«Non so che tipo di matrimoni facciano alla Casa Bianca, ma posso dire che per la prima figlia che ho accompagnato all’ altare, ho dato tutto e anche di più. Ho anche curato le luci. C’ erano i miei amici Umberto Tozzi, Mario Biondi, i Ricchi e Poveri. Io e Romina abbiamo cantato. Musica, musica e tanta allegria».
Qual è il suo sogno, Al Bano?
«Che finisca questa…».
Intervista?
«Anche (ride). Scherzo. Questa serie di disgrazie, questi mala tempora. Il terremoto in Abruzzo, la neve, l’ elicottero che cade. E poi la tragedia siriana».
Se dovesse vincere, a chi dedicherebbe Sanremo?
«A tutti coloro che mi hanno seguito, nonostante la critica avversa».
Ma se la amano tutti.
«La gente, non gli addetti ai lavori. Verso di me c’ è sempre stata un po’ di puzza sotto il naso. Evidentemente anche io non sono stato capace di costruire un buon rapporto».
Lo dice perché la definiscono nazional-popolare? Non è un’ offesa.
«Ma è un’ espressione sempre tradotta in termini negativi. E poi io non sono nazional-popolare».
E cos’ è?
«Internazional – popolare».
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