Barbara Palombelli: “Viva la Patata Bollente”

14 Feb

La mia intervista a Barbara Palombelli sul caso Patata Bollente e Virginia Raggi.

Barbara Palombelli non solo non è indignata (da donna) per la «Patata Bollente» di Libero, ma anzi è un titolo che festeggia. «Il giornalismo deve essere così», sostiene la giornalista, firma spiazzante della carta stampata, della radio e oggi della tv, moglie di Francesco Rutelli e conduttrice di Forum, «deve dare un cazzotto al lettore, stupire, far litigare, insomma fare tutto tranne che essere conformista».

Davvero il titolo legato alla vicenda di Virginia Raggi non l’ha scandalizzata?
«No. Penso che sia stato una sorta di test sul politicamente corretto. Sappiamo tutti che alcune donne vengono difese e altre no. Quando lo stesso titolo era stato fatto per la storia di Ruby e Berlusconi tutti zitti: si sa, l’indignazione italiana va a seconda del momento. Ci sono persone come Vittorio Feltri, sui cui puoi essere d’accordo o meno, che non si uniscono al coro. Una volta esistevano i giornali ed esistevano i notiziari. Oggi si è tutto appiattito, è un copia e incolla generale. Benvengano i polemisti».

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Prima accennava a donne che sono difese e altre no. Ci spiega perché?
«Saperlo… Mi viene in mente Rosy Bindi. O, di recente, la parodia di Sandra Milo a Sanremo. È una donna di 84 anni con figli e nipoti. Forse qualcuno aveva paura di inserire la politica nella satira a Sanremo, magari non è colpa di Virginia Raffaele, ma di qualcuno che le ha detto “meglio di no la politica, stiamo andando così bene”, fatto sta che se l’è presa con la Milo. La “Patata di Fellini”, mi permetta la battuta. E nessuno ha protestato».

Solo la figlia dell’attrice, Debora Ergas.
«Pochi altri. Guardi, ho visto Sandra ieri e le venivano le lacrime agli occhi, ci è rimasta malissimo per essere stata ridicolizzata davanti a milioni di italiani. Dopo gli ottanta dovrebbe andare tutto in prescrizione».

Anche lei è stata bersaglio della satira, si è mai offesa?
«Sono stata vittima di imitazioni come quella di Sabina Guzzanti, non ho mai fatto politica, ma ero la moglie del sindaco. Sono sempre stata al gioco».

Quando una battuta è solo una battuta e quando diventa sessismo? Ma soprattutto, non si può dire più nulla per paura di essere sessisti?
«No. Si può dire tutto. Detesto il politicamente corretto, è come una macchina del fango. Prendiamo il modo di vestire, di cui tanto si è parlato a Sanremo».

Il caso Diletta Leotta.
«Valeva quando io avevo 20 anni e vale oggi. Se vuoi essere autorevole nel tuo mestiere un minimo devi rinunciare agli spacchi. Caterina Balivo aveva ragione a dire che non si può parlare di privacy con le cosce di fuori».

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Le femministe non sarebbero d’ accordo con le sue affermazioni.
«È una verità dei fatti. Certo che ti puoi vestire come vuoi, ma l’abito fa il monaco. Quando iniziai la mia carriera andai con mia madre a prendere due tailleur, uno blu e uno nero, che erano diventati la mia divisa per andare a Montecitorio. Se ti proponi come una cubista o come Marilyn Monroe non dai l’immagine dell’autorevolezza. Sottolineo però che vale anche per gli uomini. Si ricorda la canotta di Umberto Bossi?».

Eccome.
«Il vestito è un modo di comunicare».

Perché secondo lei la Patata bollente ha colpito così tanto?
«Forse perchè Virginia Raggi suscita tenerezza. È attaccata da tutti, dagli assessori, il marito manda l’sms sbagliato, Grillo che la rimprovera…».

Da romana come la giudica, politicamente?
«Roma si è presa una lunga vacanza, non si fa governare. Ma sopravviverà e non sono così pessimista».

Pensa che in casi come questo i social siano un mezzo di comunicazione valido o dannoso?
«I social sono sopravvalutati. Gratta gratta, c’è poco. Basta pubblicare un piatto di pasta o un cane per avere mille “mi piace”. Per questo, come dicevo prima, rivendico l’importanza che hanno ancora i giornali».

A Forum tratta temi legati alle donne?
«A Forum parliamo davvero di tutto. Di abbigliamento, di stalking, di molestie. Oggi se dai una pacca sulla spalla a una collega manca poco che passi da stupratore. Sono temi ovviamente delicatissimi, la violenza sulle donne è un’emergenza, ma per casi di attacchi verbali dico solo una cosa: le donne sanno difendersi da sole, non hanno bisogno del coro».

di Alessandra Menzani

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