Il sondaggio choc: saranno tutti gay (anzi, lo sono già)
18 Ago
L’articolo di Valeria Braghieri su Il Giornale.
Sono generazioni così: di mezzo in tutto. Generazioni in realtà senza generazione che farebbero meglio a cercarsene una. Da quando sono nati, di fatto è successo pochino, però è cambiata ogni cosa. Il contrario dei loro nonni, che hanno vissuto le bombe e le guerre e la fame e la rinascita senza che i valori mutassero. Facile confondersi, così. Generazioni senza strappi e accadimenti che pure hanno visto mutare ogni regola fondamentale, ogni elemento della vita. Confusi ma non temprati. Sono la generazione 2.0. Quella del virtuale che si intreccia con il reale, spesso confusa, altrettanto sovente tanto disillusa quanto cinica e fragile.
Hanno tra i 18 e i 24 anni e il 43 per cento di loro, almeno in Inghilterra, almeno secondo uno studio effettuato da Yougove (importante società di rivelazioni statistiche nel Regno Unito) sta scomodo nella autodefinizione di «gay» ma ancora di più in quella di «eterosessuali». Se solo il 6 per cento dei britannici si definisce «esclusivamente omosessuale», solo meno della metà di loro (il 49 per cento per l’ esattezza) ha il coraggio di dire che preferisce andare a letto con una/o dell’ altro sesso: insomma quelli che un tempo ci si permetteva di definire «normali» sarebbero ormai minoranza. «Fluidi» preferiscono definirsi, senza offendere nessuno e senza prendere parte, nemmeno sotto le lenzuola.
Che pure servirebbe, esigerebbe decisione. Vanno in bicicletta, praticano lo yoga, non addentano carne e tengono a bada i chakra che devono stare belli allineati: inspirano a fondo, trattengono il fiato e poi espirano. Non vogliono nemici. Nemmeno gli eterosessuali e tantomeno i gay: assolutamente non i gay. Che sono una lobby importante. Quasi più di quelli che comprano l’ Espresso o vanno a Capalbio o guardano i film di Moretti. La sessualità votata all’ opportunità.
Che, se poi si sbaglia ad essere troppo tradizionali è un casino. Un colpo a Dolce e uno a Gabbana. Perché anche Domenico conosce l’ importanza dello stare nel mezzo. E infatti ieri ha corretto il tiro su quell’ infelice frase che gli era uscita a marzo, quando aveva definito «sintetici» i figli nati con la procreazione assistita. «Le mie frasi sulle famiglie gay sono state inadeguate» ha detto lo stilista. Perché erano politicamente e sessualmente scorrette. Ma Dolce si è occupato di una nicchia. Ha avuto il riguardo per una elite. Perché è «eterosessuale» il vero insulto, il vero termine maleducato e scorretto e infrequentabile.
Perché offende chi non deve essere offeso. Dall’ indulgenza alla prepotenza. Si sposano di più, fanno più figli, scendono in piazza, lottano per i loro diritti di coppia, impugnano testamenti. Vogliono tutto ciò che da secoli rovina le coppie «normali». E lo ottengono. Chi ormai, oggi, osa definirsi «eterosessuale»?
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