Libro consigliato: “Se mi vuoi bene”. Intervista all’autore Fausto Brizzi

25 Mar

La mia intervista su Libero a Fausto Brizzi: il suo secondo romanzo, “Se mi vuoi bene” (Einaudi), è davvero piacevole. 

«Negli anni Settanta dovevi per forza saper ballare. Negli anni Ottanta dovevi per forza essere bello. Negli anni Novanta ricco. Oggi devi per forza essere sano». Lo scrive Fausto Brizzi, regista, sceneggiatore e produttore, nel suo ultimo romanzo, Se mi vuoi bene (Einaudi), che arriva dopo il suo primo fortunato libro, Cento giorni di felicià. Il salutismo e il giovanilismo, mode quantomai contemporanee, saranno anche al centro del suo prossimo film, Forever Young.
Iniziamo dal romanzo. Il protagonista è un avvocato che scopre di essere depresso. È un tema che conosce personalmente?
«Mai stato depresso. Non ancora, almeno, però è un argomento che ho studiato molto e mi sono documentato per inventare una storia. Lo scorso anno ho scritto un romanzo sul tumore e la gente per strada mi chiedeva “Come stai?”. Ci avevano creduto. Stavolta mi sono calato nei panni di un depresso che ha la mia età, gli stesso gusti, un Fausto alternativo. Io ho fatto un anno di legge, mio padre è avvocato, questa è la vita che avrei avuto se come in Sliding doors avessi preso quella porta scorrevole».

Fausto Brizzi presenta nuovo libro
Cosa conosce della depressione?
«È difficilissimo rapportarsi con un depresso. Nel libro c’è un decalogo delle cose da non dirgli. È una malattia infida, una malattia non malattia. Ha sintomi evidenti ma la cura non lo è. O prendi degli psicofarmaci, che ti cambiano, non sei più tu, o vai da uno psicologo. Io non ci credo, secondo me è una categoria da abolire. Sono ciarlatani. Credo che la cosa migliore per un depresso sia fare outing, ammetterlo, e rivolgersi al proprio cerchio della fiducia: parenti, amici, al branco. L’amore è la medicina naturale. La vera cura è fare, non darsi il tempo di pensare. L’avvocato del libro fa del bene, fa delle missoni, “distrugge” la vita dei suoi cari nel tentativo di aiutarli, fare da cupido, sostenere le ambizioni artistiche, riunire il matrimonio di due amici. Un buon samaritano maldestro».
Cos’è la crisi di mezza età secondo lei?
«La mancanza di obbiettivi. In questo i maschi sono più spiazzati. A quel punto occorre rilanciarsi: nel lavoro, negli hobby. Per sintetizzare, il mio è un romanzo sulla gioia di vivere. Il rilancio in amore invece è il protagonista del mio prossimo film, Forever Young. Questa moda di essere giovani a tutte le età, anzi finti giovani. Oggi tutti vogliamo mangiare bene, essere in forma, essere tonici. La chirurgia, l’agonismo fuori luogo. Domenica ho girato una scena con Teo Teocoli che fa la maratona, è invasato di sport, nonostante faccia il notaio pensa solo alla corsa».

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Trasformerà in film i suoi libri?
«Sì, ma prima ho altri progetti, se ne parlerà tra un anno».
L’hanno paragonato a Nick Hornby. Cosa legge?
«Hornby, sì, ma i miei preferiti sono i gialli e i thriller. Il mio scrittore preferito è Ken Follett. Sono onnivoro di Agatha Christie. Se non c’è un morto o una sorpresa mi distraggo».
Immagini l’attore che potrebbe essere il protagonista di Se mi vuoi bene.
«Non ci ho ancora pensato. Per Cento giorni di felicità invece dico Flavio Insinna».
Parliamo di cinema. Ha sceneggiato tanti cinepanettoni: secondo lei è un genere in crisi, schiacciato dalla nuova comicità di Zalone o Maccio Capatonda?
«Ci sono degli alti e bassi dati dalla concorrenza. Ci sono anni in cui c’è un film italiano più forte, o uno americano. Il filone comico del cinepanettone ha un suo pubblico, un suo perché, e non è morto. È una crisi passeggera. Comunque sono pazzo di Zalone, da regista mi spiace non aver girato io i suoi film…».

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Che rapporto ha, invece, con la tv?
«Come produttore ho fatto 1992, la serie su Tangentopoli, e farò The Young Pope di Paolo Sorrentino. Poi In Treatment per la regia di Saverio Costanzo. Dopo 1992, incrociamo le dita, potrebbero arrivare 1993, 1994, 1995. In tv vedo solo serie. Sono orfano di 24, mi è piaciuta Fargo, ora sto guardando Downton Abbey. Poi lo sport. Da una vita non vedo i tg. Non parliamo dei talent e dei talk show, perché dovrei vedere i politici veri quando c’è già House of cards e posso vedere quelli finti?» (Ride).
Però lei è renziano. Ancora convinto o deluso?
«Sono amico di Matteo se posso lo aiuto. Sono stato all’ultima Leopolda, dico sempre: “Fatelo lavorare”. È logico che arrivino le critiche, ma ci si deve fidare delle sue idee».

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