Tremenza in viaggio / Tre giorni nella magica Marrakach
13 Dic
Finalmente. Erano un paio di anni che desideravo passare due o tre giorni a Marrakech (non uno di più, si raccomandano sempre tutti) e alla buon’ora ce l’ho fatta. Forse la stagione non era delle migliori: a dicembre la sera fa freddino, mentre di giorno ci sono 20 gradi e si sta alla grande.
Purtroppo l’alloggio non era dei più confortevoli: un riad commovente nella Medina, la città vecchia, senza finestre alle pareti e con un tappeto al posto del copriletto; nella stanza faceva più freddo che fuori, ho dormito con il maglione, ogni volta che ti alzavi dal wc la tazza crollava, ma va bene.
Primo giorno
Dopo aver posato la valigia ci siamo immersi nella Medina: è tentacolare, impossibile non perdersi. Pensavo che Marrakach fosse piccola e semplice da visitare, mi sbagliavo. Ho scaricato la mappa offline dalla app Here We Go solo il terzo giorno, consiglio di farlo subito.
Mi sono catapultata a vedere la Madrassa, la scuola coranica, che però era chiusa, allora mi sono fiondata a visitare l’enorme piazza, simbolo assoluto della città marocchina, detta La Place o La Plassa, come dicono i locali. Non ho mai visto una piazza così grande, piena di mercatini, suk, spettacolini, musica, un vero macello. Ma incantevole.
Dopo aver tentato di visitare la moschea, cosa impossibile, abbiamo cenato in un localino nella Plassa in una delle tipiche terrazze, altro “must” di Marracash. Ovviamente un pasto a base di cous cous, che insieme al tajine è il piatto simbolo di questa parte del Marocco.
Secondo giorno
Visto che il senso dell’orientamento non è il mio forte, e nemmeno quello della mia amica Patrizia, abbiamo deciso di assoldare un marocchino dotato di taxi e farci scarrozzare per la città alla ricerca dei vari punti d’attrazione. Così, in assoluta scioltezza, al prezzo di 40 euro a testa, abbiamo visto tutto: il Palazzo El Bahia, capolavoro assoluto di architettura marocchina, con le stanze variopinte e i giardini pieni di cactus in cui lo scieicco teneva le sue svariate moglie e le concubine; Le Tombe Sadiane, mausoleo della dinastia Sa’diana; il Palazzo el-Badi, o quello che ne resta.
Ci siamo ovviamente fatte abbindolare nell’acquisto di fondamentali prodotti fatti con l’Argan, specialità locale per la cura del corpo, ne ho comprati svariati per fare i regali di Natale, ma ovviamente li ho smarrito nel taxi mezz’ora dopo.
E poi siamo andate nella Marrakash nuova. Grandi strade, ristoranti, tutto più moderno e pulito. Qui c’è il famosissimo Jardin Majorelle, dove ha abitato Yves Saint Laurent, che ha vissuto qui negli anni Sessanta. Un incanto: decine di specie di cactus, uno più alto dell’altro, piscine, fontane, la casa blu, il museo berbero, gli specchi, le mattonelle colorate, le finestre decorate. Di fianco, c’è il nuovissimo museo Museo Yves Saint Laurent, inaugurato il 19 ottobre. Francamente è stato deludente: in dieci minuti la nostra visita è finita, un po’ pochino.
Dopo tanta cultura, un po’ di sano relax. Forse per consolarci dalle condizioni penose in cui dormiamo la notte, ci siamo concesse due ore nell’hammam, rituale d’obbligo per chi passa qualche giorno a Marrakach. All’ Hamman de La Rosa ho fatto un percorso di due ore composto da scrub, bagno turco, shampoo al caramello, crema idratante, the alla menta tipico marocchino, biscottini agli anacardi e il massaggio più indimenticabile della mia vita. Abbiamo perso i sensi.
Terzo giorno.
Le cose da vedere le abbiamo già viste, quindi non restava niente altro da fare che perdersi nelle vie della Medina per fare shopping e comprare qualche oggetto assolutamente inutile che finirà entro sei mesi nel bidone dell’immondizia. Mi sono trattenuta, ho acquistato alla modica cifra di 15 euro una borsa di pelle di mucca fatta a mano e una famigerata mano di Fatima che porta fortuna, talmente tanta che la bustina in cui l’avevo messa e che conteneva anche 10 euro e le carte di credito è andata perduta.
Nel suk si trova di tutto di più, gioielli, tappeti, scarpe borse. Un vero delirio. Molto carina, vicino alla Madrassa, la Maison della Fotografia, un museo dedicato agli scatti d’annata di Marrakach e delle altre città marocchine. Notevole il pranzo. In una bellissima terrazza (Terrasse des Epices) ho bevuto il mio primo alcolico, una Corona, e mangiato un sensazionale cous cous di pollo con cipolla caramellata. Il locale era pieno di occidentali, aveva la musica e non c’era molto dello stile marocchino.
Dalle stalle (del nostro riad) siamo passate poi alle stelle de La Mamounia. Si tratta dell’albergo più bello di tutta l’Africa, dicono. Cinque stelle, sontuoso, in stile marocchino, immerso in un giardino immenso, con piscina, hammam, bar e ristorante in cui sembra di tornare agli anni ’20 con i camerieri in livrea e la band che suona il jazz. Abbiamo consumato un morigerato aperitivo a base di una Pinacolada e un bicchiere di vino marocchino. Schiaffo alla miseria, anche un croque monsieur in due, alla modica cifra di 33 euro. Più caro di una notte nel magico Riad Yakourta.
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