Selfo ergo sum: Roberto D’Agostino su Sky massacra la moda dei selfie
30 Mag
Il mio pezzo su www.liberoquotidiano.it
Selfo ergo sum. Il celebre motto cartesiano oggi non vale più, ora se non selfi non sei nessuno, anzi non “sei”; scattarsi autoscatto è la prova empirica della tua esistenza, del fatto che tu in quel momento stai mangiando un’insalata o sei in vacanza, o in palestra. Il pensiero è superfluo. Nel primo appuntamento di Sky Arte Hd con l’era tecnologica spiegata da Roberto D’Agostino si parla, appunto, di selfie, degli autoscatto 2.0, una moda che sembra non tramontare mai, con agghiaccianti degenerazioni estetiche e di buon gusto.
Dago in The Sky parla di questo. Dice il conduttore, con barbetta, tatuaggi e anelli, mentre scorrono le immagini dell’esibizionismo moderno: “Il primo nemico è dentro di noi. Conduciamo una battaglia quotidiana tra ciò che siamo e ciò che vogliamo essere. E oggi abbiamo una protesi per farlo. Il selfie”. “Il selfie è diventata un’ ossessione di massa”, osserva il vate di Dagospia, “anche demenziale, per consegnare agli altri un’immagine diversa della nostra vita”. In fondo lo diceva anche Oscar Wilde: “Mettiti una maschera e ti dirò chi sei”.
Le citazioni di Dago vanno dall’alto al basso. Prendiamo il cult movie sulla moda Zoolander: “In una scena del film, la pop star Justin Bieber sta per morire e cosa fa? Tira fuori lo smartphone e si fa un bel selfie”. Il selfie è uno strumento molto amato dai vip, che lo hanno consacrato nel 2014 alla notte degli Oscar: quello scatto in posa con Ellen De Generes, Jennifer Lawrence, Brad e Angelina e Maryl Streep è stato il post più retweettato della storia. “Le celebrità scacciano con un click giornalisti e paparazzi, si fanno da soli il servizio e scelgono la migliore immagine da consegnare ai fan”, spiega il conduttore.
Anche i potenti della terra ci sono cascati: “Merkel, Obama, Cameron, Renzi: un mondo in effervescenza bambinesca che fa smorfie davanti a un telefonino”, nota D’Agostino. “Quando Obama era in difficoltà sulla riforma della sanità è andato in un programma seguito dai giovanissimi per recuperare il consenso: ha fatto giochino con il conduttore e si sono fatti tante foto”. Fare un selfie non è peccato, lo fa anche Papa Bergoglio: “Il pontefice ha benedetto i telefonini. Non si tira indietro se qualcuno gli chiede di posare con lui”.
Ma tutti devono ringraziare una persona, una donna famosa per essere famosa: Kim Kardashian. “La sederona d’America che non sa fare nulla tranne usare i mass media”, come la definisce il guru del gossip italiano, “è stata la prima a capire il potenziale del mezzo e ha pure redatto le tre regoline per uno scatto perfetto: “Illuminazione, angolatura e ritaglio. Se c’è qualcosa che non ti piace del tuo corpo, la tagli”.
E arriviamo ad oggi. Il social delle foto Instagram è diventato un enorme book per trovare lavoro. C’è “Lena Dunham che usa il selfie per ribellarsi, una bella trippona che se ne frega della dittatura della magrezza e anoressia e si fotografa la pancetta”, scherza D’Agostino, perfetto Cicerone in questo mondo di narcisismo tecnologico.
“L’esibizionismo gay del selfie è una sorta di erezione dell’ego”. Perché l’attenzione è potere: lo ha detto l’attore americano James Franco, seguitissimo e cliccatissimo. Nell’era del sesso fluido, il giovane Jamie Race si è fatto 1400 autoscatti per mostrare, in tre anni, come è diventato uomo da donna che era. “Da Eros a Thanatos il passo è breve: “Sul web ci sono i video-selfie ragazzi che scalano grattacieli rischiando di morire pur di farsi una foto. In Russia c’è la moda della foto col caro estinto”.
Non vogliamo sapere quale potrebbe essere il prossimo passo. Meglio non pensarci.
Alessandra Menzani
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