Perché vedere un film al cinema è diverso rispetto alla tv (e lo sarà sempre)
8 Feb
Ormai è più di un anno che non metto piede al cinema, non pensavo che la cosa potessere essere possibile. Da quando ho 15 anni è sempre stata parte della mia vita, forse anche troppo. A occhio e croce penso che l’ultimo film che ho visto in sala sia Tolo Tolo di Zalone.
Poi è arrivata la pandemia, sono arrivati i Dpcm, alcuni logici, altri a mio avviso miopi, è sopraggiunta la paura di uscire di casa, e il cinema è evaporato dalle nostre vite come altre cose. “Attività non essenziale”, e ciao.
L’aspetto brutto è che ormai, quasi, non ricordo più come sia. Anzi sì. Vedo praticamente un film al giorno grazie alle piattaforme streaming e in particolare Chili, che ha prime visioni a pagamento e un bouquet ricchissimo. Sul mio divano, guardo le pellicole sul tablet o la sulla smart tv. Numericamente, devo dire che guardo più film ora rispetto a prima della pandemia. Bello, per carità, anzi qualcuno preferisce questa modalità: se devi andare in bagno stoppi la pellicola, se non capisci una cosa mandi indietro con la freccetta, se ti mette ansia una scena o ti annoia, mandi avanti, se ti telefonano fermi la storia, eccetera.
E’ proprio qui che sta la differenza incolmabile tra il cinema e la visione a casa. La distrazione, l’interruzione della casa rispetto all’immersione totale della sala. Quando siamo in sala prendiamo posto, appoggiamo i giubbotti, e cala il buio. Se il tizio davanti parla o guarda il cellulare ci dà fastidio. Vogliamo silenzio. Il volume del film è alto e avvolgente, gli occhi si riempiono delle immagini, se dopo dieci minuti non ci convince la storia generalmente restiamo, e magari ci innamoriamo della pellicola. Raramente, in casi estremi, me ne sono andata prima.
Per me il cinema è sempre stato terapia, sogno, catarsi. Su questo punto torno dopo con una riflessione.
Non posso riuscire a fare l’elenco dei film visti in sala che mi hanno permesso di uscire con un umore diverso rispetto all’entrata. Forrest Gump, La La Land, Il lato positivo, The Millionair, Gravity: uscivo con una carica di energia in più, con il cuore più leggero, un senso di ottimismo. Oppure depressissima: dopo Titanic non ho parlato per due ore. Oppure semplicemente divertita, grazie ai film di Quentin Tarantino, per esempio. O, ancora, con qualche spunto di riflessione in più: mi vengono in mente alcuni film come Perfetti sconosciuti, o pellicole francesi, o le opere del mio amato Woody Allen come Midnight in Paris.
Quest’anno, per carità, in streaming ho visto film bellissimi che mi hanno conquistato e fatto trascorrere due ore piacevoli, e come tutti sanno durante la quarantena fare passare il tempo è stata dura: Parasite, Green Book, L’ufficiale e la spia, Jo Jo Rabbit, innumerevoli film francesi con il mio adorato Fabrice Luchini, L’Isola delle rose su Netflix. Benissimo, ma non è la stessa cosa. Mi dispiace non averli visti fuori.
Dicevo che per me il cinema, soprattutto il buon cinema, è sempre stato terapeutico, una catarsi. E non lo dico solo io. “Chi ride al cinema non guarisce dalla lebbra, ma per un’ora e mezza non ci pensa”, diceva Jim Carrey. E sappiamo bene quanto importante sia una risata, salvifico a volte.
Lo dice anche la scienza. Alcune ricerche nell’ambito della psicofisiologia della percezione si stanno dedicando allo studio dei neuroni responsabili dell’analisi degli stimoli visivi, dei movimenti e degli spazi perché essi possono fornire informazioni sul funzionamento della mente umana durante le rappresentazioni cinematografiche. La visione di una pellicola provoca principalmente due meccanismi: da un lato l’identificazione, che induce ad immedesimarsi nel protagonista, dall’altro la proiezione per cui si attribuiscono agli attori pensieri ed emozioni che riguardano noi stessi. La possibilità di eludere momentaneamente le barriere della realtà e di allentare le briglie della coscienza dà origine ad un processo catartico.
Sono pienamente d’accordo. Temo solo che la pigrizia e la comodità di un click sul nostro tablet prendano il soppravvento sulle nostre (mie) abitudini anche quando la pandemia sarà finita, i Dpcm dimenticati e le sale finalmente riapriranno (se riapriranno). Lo spero vivamente.
No comments yet