“Ho ucciso Napoleone” al cinema: intervista alla regista Giorgia Farina

21 Mar

La mia intervista oggi su Libero a Giorgia Farina, regista di Ho ucciso Napoleone, il 26 marzo al cinema (una tipa tosta, aveva diretto Amiche da morire tra le lodi della critica…

In un cinema italiano spesso tutto uguale, lei è una voce fuori dal coro. E ha solo 30 anni. Giorgia Farina, regista e sceneggiatrice romana, ha studiato cinema a Londra e a New York; due anni fa ha girato il suo primo lungometraggio, Amiche da morire, un film insolito, un mix di commedia e surreale che le è valsa una nomination come migliore regista esordiente ai David di Donatello e la fa notare da pubblico e critica. Il 26 marzo esce il suo secondo film, Ho ucciso Napoleone, un’altra opera originale, con al centro una donna forte, politicamente scorretta.
Dai trailer sembrerebbe un film sulla vendetta. È così?
«Sì, la protagonista assoluta è Micaela Ramazzotti nei panni di Anita, una dark lady assolutamente negativa, all’inizio. Una donna manager fredda e contemporanea che non vuole famiglia né figli. Resta incinta del capo con cui ha avuto una relazione casuale e viene anche licenziata. Inizia un viaggio per riavere il vecchio posto di lavoro e una crescita: la gravidanza è sgradita ma piano piano le cose cambiano».
Come in Amiche da morire, anche qui c’è una donna determinata e poco tenera. Non accade spesso di vedere al cinema figure così.
«La donna in Italia viene vista in modo ancora patriarcale. O la sexy fatalona, o la mamma, la Madonna. Invece una donna può essere entrambe le cose, Anita vuole esserlo. Mi piace promuove una figura di donna poco rassicurante».

Micaela Ramazzotti in Ho ucciso Napoleone

Micaela Ramazzotti in Ho ucciso Napoleone

Sembra fuggire anche dal buonismo…
«Sin da piccola, nei temi scolastici, ero dissacrante! Penso che le persone e il mondo non siano totalmente chiari o totalmente scuri. Mi piacciono i personaggi doppi, sono scarsa di moralismi. I cattivi servono anche a scaricarci la coscienza, ci piacciono e ci divertono. Vedi House of cards. In tutti noi c’è il bene e anche il male».
È stato difficile, alla sua età, ritagliarsi uno spazio nel cinema italiano?
«Ho avuto la fortuna di trovare subito un produttore che credesse in me e attrici che avessero voglia di fare finalmente le protagoniste (in Amiche da morire c’erano Sabrina Impacciatore, Cristiana Capotondi e Claudia Gerini, ndr). In Italia non è facile perchè si tende a guardare indietro, al vecchio, e i giovani con sguardo più contemporaneo non si sentono gratificati. Esiste ancora un distacco netto tra la commedia (a volte puzzle di scenette) e il dramma autoriale, il cinema dei silenzi, spesso noioso. Sono vecchi stereotipi. E si fatica ad affermare un nuovo cinema, con ritmo, ironia. Il film che ha vinto l’Oscar, Birdman, dopotutto mixa humor e tragedia. Vorrei che il cinema italiano imitasse quello francese e inglese e ci fosse un ricambio generazionale».

la regista al lavoro-high

Giorgia Farina tra Libero De Rienzo e Micaela Ramazzotti

C’è qualcuno che apprezza?
«Certo. Mi piacciono Virzì e Garrone, che hanno percorsi sempre in crecita, mai seduti. Sorrentino è riuscito ad esportare il nostro cinema. Amo Salvatores, sempre libero e fresco».
E tra gli stranieri?
«Ho una cotta per Paul Thomas Anderson. Mi piace molto Inarritu, non solo perché ha vinto l’Oscar. Il mio attore icona è Joaquin Phoenix, una carriera folgorante».

Paul Thomas Anderson e Joaquin Phoenix

Paul Thomas Anderson e Joaquin Phoenix

Ha mai pensato di realizzare in film politico?
«Sì. Ma è un genere che non va preso alla leggere, occorrono grande studio e ricerca, tanti in Italia lo hanno fatto solo per sbeffeggiarsi di essere cineasti impegnati. Per ora però la mia passione è quella di creare un molto diverso, altro, sopra le righe. E le mie idee politiche le tengo per me…».
Oggi molti dicono che le serie televisive abbiano superato in qualità il cinema. Concorda? Ne girerebbe una?
«Se ci fosse una buona storia, ovviamente sì. Devo ammettere però che non le seguo tantissimo. È vero che permettono un analisi psicologica dei personaggi unica, ma la magia del cinema non è in discussione. In un’ora e mezzo il cinema ti butta in un mondo sconosciuto, un’esperienza impareggiabile».

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