Homeland 8, ultima stagione: perché è giusto chiuderla qui
26 Feb
Homeland, la migliore serie della storia sul terrorismo mai realizzata, si apriva con l’ agente della Cia Carrie Mathison che sospettava il tenente Brody, soldato sopravvissuto in Iraq, di affiliazione con gli estremisti di Al Qaeda e di essere un traditore.
Dopo otto anni e altrettante stagioni, le dodici puntate conclusive della serie arriveranno in Italia a marzo, attesissime. Il cerchio si chiude perfettemente con una specie di contrappasso dantesco: Carrie, reduce da sette mesi di prigionia in un gulag russo senza le sue medicine (è bipolare) viene interrogata dai colleghi dell’ agenzia americana. «Hai fatto patti con il nemico? Hai rivelato segreti dell’ Intelligence americana? Fatto i nomi delle nostre risorse?». Ora è lei la sospettata.
Dal 9 marzo la prima visione assoluta è su Fox, canale 112 di Sky, ore 21.50. Gli intrecci, il ritmo, la precisione delle ricostruzioni (ha come consulenti ex agenti Cia), la profondità dei personaggi a cominciare dalla protagonista, intuitiva, coraggiosa, fragile (Claire Danes, strepitosa), hanno reso negli anni Homeland una serie culto, imprescindibile, che spesso ha anticipato la realtà come ad esempio nel caso l’ affermazione dell’ Isis e dell’ uso delle armi battereologiche.
Le prime tre stagioni rasentavano la perfezione, con la Mathison che inseguiva e poi si innamorava dell’ uomo che stava cacciando, ex soldato Usa convertito all’ islam dopo la prigionia in Iraq (interpretato da Damian Lewis, Billions).
Poi il ritmo è sceso, sono successe molte cose: la maternità, lo spostamento a Berlino, il ritorno a Washington, le fake news.
L’ ottava stagione è l’ ultima. I produttori hanno assicurato che è la fine. I fan sono tristi, ma pure consapevoli che è giusto chiudere, prima o poi. Abbiamo visto in anteprima i primi episodi, che ritrovano l’ azione e i ritmi degli esordi.
Sono girati in Marocco: la storia è ambientata in un Afghanistan ancora zona di guerra, i soldati Usa rischiano ogni giorno la vita. Carrie viene richiamata qui dalla convalescenza in Germania per una nuova, rischiosa missione per conto del capo e amico Saul Berenson (Mandy Patinkin). Lui, a Doha, Qatar, cerca di negoziare la pace con i talebani ma qualcosa va storto.
Anche in Homeland 8, ha anticipato il creatore Alex Gansa, la relazione fondamentale sarà quella fra Carrie e Saul. «Homeland è nata come riflessione sul legame fra i due. Abbiamo il mentore e la sua protetta e anche nell’ ottava stagione sarà questo il fulcro».
Negli anni scorsi la serie nata nel 2011 come riflessione post 11 settembre, amatissima da Obama e da tante star di Hollywood, è stata accusata di razzismo. «È pura propaganda americana», scrivevano alcune associazioni, «squallida ma bellissima propaganda. Non manca mai, almeno una volta a puntata, una frecciata verso la cultura araba () col solo fine di aumentare il patriottismo americano».
Accuse di razzismo – Nell’ ottobre del 2015, durante la stagione 5, quella ambientata a Berlino in cui Carrie aveva lasciato la Cia per fare la mamma, erano apparsi per sbaglio alcuni graffiti proprio contro la serie stessa. Assunti per rendere più realistico il set con delle scritte sui muri in arabo, tre artisti, Heba Amin, Caram Kapp e Stone, hanno dipinto critiche nei confronti del programma, tra le quali «Homeland è razzista».
La stessa Carrie Mathison e il suo bipolarismo sono stati visti da qualcuno come una metafora dell’ ambiguità statunitense: da un lato accogliente verso le culture straniere, dall’ altro chiusa e timorosa delle minacce che possono arrivare da fuori. I “drogati” della serie lo sanno: vedi una puntata e ti ritrovi fino alle quattro del mattino con gli occhi pallati. Quando va bene.
Alessandra Menzani
Libero
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