Il film di Jovanotti su Sky, un’ora e mezzo di energia pura
28 Nov
Il mio pezzo oggi su Libero.
Estate scorsa, San Siro, 38 gradi. Le mani che si alzano, la gente che si abbraccia, qualcuno disegna un cuore con le dita. Arriva sul palco un extraterrestre con il mantello rosso: «Io lo so quali sono i superpoteri: l’amore, l’intelligenza, la tolleranza, la diversità. Ma soprattutto, più di ogni altra cosa, il desiderio».
Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti: il suo mondo, la sua musica, la sua passione sono condensati in un film, un documentario sul dietro le quinte del suo tour dal titolo Gli immortali, in prima visione su Sky Uno HD e Sky Arte Hd in onda dal 4 dicembre alle 22.
Per capire come si arriva a creare concerti così spettacolari, come è possibile conquistare persone tanto diverse tra loro, per comprendere l’energia che in grado di sprigionare Lorenzo, si fa un passo indietro. Siamo a New York, ai Red Bull Studios. Qui Jovanotti si riunisce coi suoi collaboratori per la pre-produzione della parte musicale del tour, in particolare quella overture da manuale che apre tutti i concerti. Lorenzo è un vulcano di idee, è difficile stargli dietro. «Lavoro con persone che accettano la mia multipolarità, passo da una cosa all’altra, torno indietro, vado avanti». Ma non è un capo alla Steve Jobs, la sua è una pazzia educata, contagiosa. «Ragiono ancora come un deejay, nasco così e morirò così», spiega. Saltella, ride, si diverte: in fondo è un bambino, questo è forse il suo segreto. Parla del suo pubblico adorante, non lo chiama mai «pubblico» ma persone: «Persone che mai si troverebbero insieme, diverse tra loro, si trova di tutto, gente aperta, in gamba». E si torna a San Siro. A quella notte di fine giugno. Rovente. Non si riusciva quasi a respirare, ma lui ballava, cantava, travolgeva il Meazza come se ci fossero stati 15 gradi e come se lui avesse 15 anni.
Tra la folla, c’era anche Giovanni: il film di Jovanotti racconta anche la sua storia. Giovanni ha 37 anni e dal 1991 è tetraplegico. Affronta un lungo viaggio in nave da Palermo per andare al concerto del suo idolo, di cui è fan dalla fine degli anni Novanta.
La parentesi su Giovanni potrebbe sembrare la solita tv del dolore, l’angolo delle lacrime, invece ha senso perché il ragazzo, meglio di tanti, spiega perché Jovanotti è speciale: «Mi piace perché sprigiona energia, è sempre stato allegro, scanzonato, anticonformista. Sento Ragazzo fortunato non mi sento un ragazzo sfortunato».
«Questo film», ha spiegato Jovanotti a Milano all’anteprima di Gli Immortali, «è come una grande chiosa di un ora e mezzo della canzone. Gli immortali sono mortali. Siamo noi, che in certi momenti della vita sperimentiamo la gioia infinita e questo non cambierà mai, nemmeno dopo gli attentati a Parigi».
A differenza di altri artisti, Lorenzo non ha fermato il tour ed è andato regolarmente in scena: «Non ho pensato nemmeno un secondo di non fare il concerto a Rimini. A maggior ragione per il fatto che uno degli attentati è stato durante un concerto. Le condizioni c’erano, il pubblico è disposto a farsi controllare, noi andiamo avanti». Come sta l’Italia? chiedono a Jovanotti. «L’Italia suscita entusiasmi, frustrazioni, speranze, tutto insieme», risponde, «è il Paese che mi ha dato l’opportunità di studiare, di crescere, quindi come faccio a non amarlo? Chi ha talento emerge sempre, è come una balena che prima o poi deve uscire dall’acqua».
Gli Immortali passa da San Siro a New York fino a Cortona. Qui vive Lorenzo. Sempre nel solito posto, sempre con la solita donna: «Anche ai concerti faccio sempre la stessa scaletta ma questo è il bello. Qui a Cortona il paesaggio è sempre uguale ma quando lo guardo è ogni volta diverso. Come quando assisto alla Tosca e piango, ogni santa volta». (XFactor, invece, per il fatto che è un format che si ripete, dice che lo annoia un po’, ma è decisamente un’altra storia).
E quando dice «Che figata fare sempre lo stesso giro» come anni fa diceva «Vai così, è una figata», capisci che lui cambia sempre ma non cambia mai. Per questo piace a generazioni diverse. Perché, quando si tratta di musica e di emozioni, siamo noi che non cambiamo.
No comments yet